“Mudnés éd Mòdna! Mudnés dl’èlta, dla Bàsa e a mèza via, zemiàn scampe a l’influèinza, a-v salùt tòtt quant in masa” (traduzione: Modenesi di Modena! Modenesi della zona alta, della zona bassa e della zona centrale, geminiani scampati all’influenza, vi saluto tutti quanti insieme – “zemiàn” ovvero “geminiani” è un altro modo per definire i modenesi, dal nome del santo protettore San Geminiano).
Il discorso di Sandrone, rigorosamente in dialetto modenese, si apre sempre allo stesso modo. E i contenuti dello sproloquio possono variare di anno in anno, ma il canovaccio è più o meno sempre simile. Accompagnato dalla moglie Pulonia e dal figlio Sgorghiguelo – insieme il trio forma la famiglia Pavironica – Sandrone commenta i principali avvenimenti che hanno riguardato la città nell’anno appena trascorso, mette simpaticamente alla berlina gli amministratori e le personalita’ cittadine, segnalando problemi e disfunzioni. Mette poi in ridicolo le “piccole” voglie della gente facendone notare l’inutilità, parla dei giovani, spesso incuriosito ma anche inorridito dalle nuove mode, si lamenta delle spese eccessive e alla fine tutti si aspettano che scherzi anche sulla Ferrari e sulla squadra di calcio del Modena.
Anche il saluto finale è uguale ogni anno: “A m’arcmànd, ste atache a la piòpa ch’ la s’ciàma Ghirlandèina” (traduzione: mi raccomando, state attaccati a quel “pioppo” che si chiama Ghirlandina), un invito a tutti i modenesi a stringersi intorno alla torre Ghirlandina, il monumento locale più rappresentativo, più alto e quindi più evidente e paragonato ad un alto pioppo, un modo di dire, un invito ideale a restare uniti e ad operare per il bene comune di Modena e di tutti i suoi abitanti.
Lo sproloquio della Famiglia Pavironica dal balcone del Palazzo Comunale è il momento più atteso del Carnevale modenese e richiama in Piazza Grande tantissime persone di tutte le età, dai bambini e ragazzi in maschera ai più anziani legati alla tradizione. Il discorso di Sandrone si tiene alle ore 16 del giovedì grasso che quest’anno cade il 15 febbraio. Prima dell’apoteosi in Piazza Grande, la famiglia Pavironica è alla Stazione FFSS di Modena (alle 14,30), fingendo l’arrivo dal leggendario paese Bosco di Sotto, residenza immaginaria del trio. Sandrone, la Pulonia e Sgorghiguelo sfilano poi nelle vie e nelle piazze del centro di Modena su un’antica carrozza trainata da due cavalli e con valletti vestiti con eleganti costumi settecenteschi. Il corteo è preceduto da una fanfara carnevalesca e da diverse maschere provinciali, regionali e nazionali. Lungo tutto il percorso spettatori plaudenti scortano idealmente la Famiglia Pavironica, riconoscendo in queste maschere uno dei più importanti simboli del folclore modenese. In seguito avviene l’incontro tra la famiglia e i rappresentanti delle autorità religiose, civili e militari. Dopo lo sproloquio in Piazza Grande e dopo il saluto al Sindaco sul balcone del Palazzo Comunale la festa prosegue in Piazza San Domenico presso la sede della “Società del Sandrone”, l’associazione che dal 1870 organizza il Carnevale modenese e programma le attività e gli interventi nei vari comuni modenesi delle tre maschere.
Nei giorni che seguono e fino alla fine del Carnevale (ovvero il giorno del martedì grasso che quest’anno cade il 20 febbraio), la Famiglia Pavironica si reca in visita a scuole, asili, ospedali, rinnovando la tradizione che vuole la Società del Sandrone impegnata non solo nell’organizzare il divertimento carnevalesco ma anche in azioni benefiche a favore di chi soffre maggiormente.
Sandrone Pavirone del Bosco di Sotto di Modena (in dialetto Sandròun Paviròun dal Bòsch ed Sàtta da Mòdna) è la maschera dell’ex Ducato di Modena, un contadino ottocentesco, rozzo, ma furbo e scaltro. Rapportato ai tempi moderni rappresenta forse anche l’archetipo del personaggio provinciale, poco colto di partenza, un pochino stupito e imbranato nei confronti del “nuovo” che avanza, in particolare rispetto alle nuove tecnologie, ma che cerca di aggiornarsi, si interessa e si forma comunque una propria idea su tutto senza paura di esprimerla, è soprattutto molto attento a tutto quello che ha a che fare col proprio portafoglio e con l’amministrazione della cosa pubblica.
Sandrone ha una mano nel taschino, nell’altra il manico di una vanga rivolta a terra, giacca di velluto a coste marroni, pantaloni al ginocchio, gilet dal colore vivace, calze a righe trasversali bianche e rosse, robusti scarponi da contadino, una parrucca con capelli piuttosto lunghi coperti in parte da una specie di cuffia da notte di lana bianca che termina con un fiocco.
La Pulonia indossa ugualmente una cuffia bianca, un vestito lungo fino alla caviglia disegnato a fiori. Porta un grembiule bianco, ai piedi scarpette di vernice nera con vistose fibbie, e in testa una parrucca bianca a boccoli. E’ una donna pratica di altri tempi e regina del focolare domestico.
Il figlio Sgorghiguelo infine ha una parrucca rossiccia e un berretto marrone con visiera, è il ragazzaccio del contado, sciocco, malizioso e fannullone ma sempre pronto alla chiacchera facile e dissacrante.
Molte sono le dicerie sulla storia di Sandrone. L’ipotesi più probabile è quella secondo cui a Carnevale al tempo del Ducato di Modena gli Estensi avevano la tradizione di invitare nelle proprie sfarzose sale un contadino notoriamente rustico e zotico affinche i cortigiani potessero con grande gioia sbeffeggiarlo. Un certo anno però venne invitato tale Alessandro Pavironi che, meravigliando tutti, diede prova di grande arguzia ed intelligenza. Da questo momento nasce il personaggio del Sandrone, con questo nomignolo grossolano per sottolinearne la villania, che trova il suo momento di gloria nel corso degli anni con lo sproloquio in piazza a tutta la cittadinanza. Già popolare nella prima metà del secolo scorso, il personaggio di Sandrone viene portato sulle scene da attori e burattinai, riunito a tante altre maschere tipiche della tradizione carnevalesca.
“A Carnevale ogni scherzo vale”, afferma il noto proverbio, e in questa festa popolare di origini antichissime vige la più assoluta libertà e tutto diviene lecito: a Sandrone e alla sua famiglia è permesso esprimere pubblicamente le proprie invettive, con l’interpretazione di un punto di vista ironico e burlone sull’evoluzione dei costumi e sulla società modenese.