La piralide del mais

E' allarme per le coltivazioni agricole a causa di questo insetto parassita che colpisce preferibilmente il mais

La Piralide del mais (Ostrinia nubilalis) è un insetto appartenente alla famiglia dei Pyralidae, ordine dei Lepidotteri. Ha come bersaglio preferito il mais ma è in grado di danneggiare un notevole numero di piante erbacee, sia coltivate che spontanee: peperone, fagiolino, barbabietola, canapa, occasionalmente anche frutti e germogli di melo, tralci di vite, giovani pioppi in vivaio.

Il mais è la forma addomesticata di un’erba selvatica che ha origine in Messico. Nel 1493 Cristoforo Colombo portò alcuni semi di mais in Spagna. In seguito la pianta si diffuse in tutta l’Europa, dove viene coltivata soprattutto come foraggio. Quattro paesi (Francia, Italia, Spagna e Germania) producono l’88% del mais da foraggio dell’UE. Il 72% delle colture europee di mais è utilizzato come mangime per gli animali (bovini, suini, pollame), mentre il rimanente è destinato al consumo umano (olio, amido, farina).

L’azione della piralide frena la crescita della pianta del mais, provoca malformazioni delle spighe, riduce la dimensione dei semi e causa cali di resa dovuti alla rottura dei fusti indeboliti al loro interno a seguito delle gallerie scavate dalle larve e dalla disarticolazione delle pannocchie che possono cadere in fase di raccolta. Infine altri rischi associati all’azione della piralide sono le infezioni secondarie da funghi e batteri che aumentano l’incidenza del marciume di fusto, spighe e radici. I fori praticati nei semi di mais dalle larve di piralide costituiscono le vie preferenziali di penetrazione di funghi in grado di produrre micotossine cancerogene sia per il bestiame che per l’uomo.

Come è facilmente intuibile i danni causati della piralide sono economicamente rilevanti. La diretta e importante conseguenza è una minore produzione e una qualita’ scadente del prodotto. Il risvolto economico riguarda il mancato guadagno per la quantità di mais non raccolto, il mancato guadagno del mais non conservabile che non viene così utilizzato. Le perdite produttive indotte alla piralide nelle coltivazioni di mais variano dal 5-7%, in annate normali per arrivare al 30% in casi di maggior gravità.
Gli aspetti qualitativi di ordine igienico – sanitario sono per loro natura difficilmente quantificabili.

I primi dati sui danni da piralide al mais in Europa risalgono alla fine del 1800. Negli ultimi decenni i danni sono aumentati, probabilmente a causa delle variazioni climatiche, della notevole espansione delle superfici adibite alla monocoltura di mais, dal maggiore impiego di pesticidi che allontanano anche i possibili predatori di questi insetti. Ora la presenza della piralide costituisce il secondo problema parassitario più grave nelle regioni mediterranee di Francia, Italia e Spagna meridionale.

Il grado di infestazione e l’entità dei danni provocati dalla piralide variano negli anni e sono legati soprattutto alle condizioni ambientali (estati ad andamento climatico particolarmente mite e umido con elevate temperature minime notturne).

Il rischio e l’entità degli attacchi possono essere ridotti mediante tecniche agronomiche (rotazione delle colture, anticipo delle semine con relativo sfasamento rispetto al ciclo biologico della Piralide) trattamenti insetticidi e monitoraggio della piralide attraverso l’uso di trappole di cattura con feromoni.

Nelle situazioni in cui si temono forti attacchi (aree infestate, varietà medio tardive) il Consorzio Fitosanitario provinciale invita i produttori a effettuare un trattamento a fine fioritura del mais (indicativamente alla fine della settimana 10-15 luglio) impiegando prodotti ad azione ovicida o ovo-larvicida oppure attendere la successiva settimana (17 – 22 luglio) per intervenire con prodotti ad azione larvicida.

Pubblicato: 13 Luglio 2006Ultima modifica: 13 Aprile 2020