ecco l’atlante dell’emigrazione modenese 5un processo avvenuto in sei fasi storiche

Sono i mirandolesi a muoversi per primi, nella seconda metà dell’Ottocento. Miseria, alluvioni (disastrosa quella del 1879), mancanza di lavoro, desiderio di miglior fortuna fanno scattare la corsa oltreoceano, resa possibile dalle navi a vapore. Si parte in gruppo, in squadra, con la determinazione di chi sa che non tornerà presto perché impegnato in opere importanti come la costruzione di ferrovie in America, Venezuela, Cina, Turchia. Subito dopo si muove l’Appennino, all’inizio con caratteristiche diverse: se quella dalla Bassa è emigrazione permanente, quella dalla montagna è temporanea e legata a lavorazioni stagionali. Mete perlopiù i paesi dell’area mediterranea: Francia, Corsica, Algeria.


In quella che i curatori della ricerca chiamano la seconda fase dell’emigrazione – gli anni a cavallo del secolo – gli Appennini si svuotano sempre più. Si prende la via per l’Illinois, il Paranà, il Rio de la Plata. Dall’Alto Crinale si va a Highwood e nell’area metropolitana di Chicago, dalle valli del Dolo e Dragone nell’area di Toulon e la Provenza. Anche la zona di Concordia è in forte movimento.


Negli anni che seguono la seconda guerra mondiale, dal 1947 al 1951 – terza fase – c’è una nuova consistente ondata migratoria. Cavezzo e Finale in pianura, e in montagna Prignano, Polinago, Frassinoro, Pievepelago e Fiumalbo sono i centri che fanno segnare la percentuali maggiori di mobilità verso l’estero. E’ negli anni del boom economico che si colloca la quarta fase del fenomeno emigrazione: molti si rivolgono alla Svizzera, mentre l’Appennino continua a trovare attraente l’America: Highwood, Highland Park, Lake Forrest. Frena un po’ il flusso di partenze dalla montagna, cresce sensibilmente nella Bassa, nei Comuni collinari e nella prima montagna. La svolta – sostengono i curatori della ricerca sull’emigrazione modenese – arriva con la crisi energetica internazionale: tra il 1973 e il 1980 si registra una maggiore stabilità. Meno modenesi in uscita, sempre più immigrati in entrata. Prima dalle regioni del sud Italia quindi – ed è l’ultima fase di questo processo – dall’estero. Il benessere economico non solo frena lo spopolamento, ma anzi è elemento di attrattività, dal 1990 in poi. Sempre “migranti”, ma in direzione opposta.

Pubblicato: 16 Giugno 2005Ultima modifica: 25 Agosto 2005