Il dibattito in Consiglio provinciale sui due ordini del giorno dedicati alle politiche per la famiglie si è sviluppato sia sul piano locale che su quello nazionale: dalle valutazioni sui provvedimenti del precedente governo alle iniziative messe in campo dall’attuale con la Finanziaria, fino alle considerazioni sulle ipotesi di riconoscimento giuridico dei rapporti di fatto.
«Non è vero che Berlusconi non ha fatto niente per la famiglia» ha affermato Luca Caselli (An) ricordando la sua esperienza personale: «Io, per esempio, ho ricevuto mille euro quando è nata la mia terza figlia. Siete voi che finora non avete fatto nulla. Il vostro ordine del giorno contiene di tutto ma c’entra poco con il tema specifico. La famiglia, legittima o di fatto, esige autonomia e libertà e non tollera le ingerenze dell’ente pubblico. E ha alcune caratteristiche che la definiscono: ci devono essere un padre e una madre, e non due padri o due madri; e un uomo e una donna, e non un uomo e tre, quattro donne, come si potrà fare liberamente con i Dico – ha concluso Caselli – che i musulmani useranno per aggirare il divieto di poligamia». E il capogruppo di An Cesare Falzoni ha aggiunto: «L’odg dei Ds-Margherita è equilibrista, cerca di dire delle cose senza dirle e non nomina mai i Dico, che è sì un provvedimento demagogico ma punta a scardinare la famiglia naturale e biologica».
Per Giorgio Barbieri (Lega Nord) il documento approvato «non c’entra nulla con quello sul Family day: siamo tutti d’accordo sul fatto che in Emilia si è fatto molto per la famiglia e nel chiedere un momento di informazione e confronto sullo stato della famiglia, ma non potete sostenere che il governo Prodi fa politiche per la famiglia quando invece l’ha duramente colpita con la Finanziaria 2007. Le unioni di fatto hanno già una legislazione – ha concluso Barbieri – e i Dico non si faranno mai per non alterare l’equilibrio politico».
Anche Dante Mazzi ha sottolineato questo aspetto: «Registro una divisione nella maggioranza: parlate di famiglia ma volete parlare delle unioni di fatto a cui noi siamo contrari perché sono unioni di comodo e perché non condividiamo lo spirito laicista del centro sinistra. I diritti soggettivi che sempre richiamate sono solo quelli della coppia mai dei figli».
E Antonella Orlandi (Forza Italia) ha aggiunto: «La discussione affronta due temi che non c’entrano tra di loro. Il nostro ordine del giorno vuole tutelare un istituto già esistente e che non mi sembra sia in discussione. Noi scendiamo in piazza per rivendicare la tutela della famiglia come è concepita dal Codice civile, cioè un istituto giuridico laico. Chi non si sposa fa una scelta diversa e lo Stato gli riconosce diritti soggettivi e lo tutela già oggi. I Dico – ha affermato – sono solo un escamotage per autorizzare le convivenze omosessuali».
Per Franca Barbieri (Ds-l’Ulivo), invece «già nel 1946 la deputata Maria Federici sosteneva che anche le famiglie irregolari hanno bisogno di un ordine sociale e giuridico, e Aldo Moro riteneva l’articolo della Costituzione sulla famiglia non definitorio, non cioè scritto per definirne il concetto, ma frutto di una mediazione per contenere e prevenire l’intervento dello Stato in diritti naturali che lo Stato non può disconoscere. Questo per dire – ha spiegato Barbieri – che la famiglia non è definita una volta per tutte e che per parlarne non servono i toni contrapposti e ideologici ma è necessario parlare di cose concrete che si fanno e si sono fatte per la famiglia come qui da noi».
Mauro Cavazzuti (Margherita – l’Ulivo) ha osservato come il cambiamento dei modelli e «l’esaltazione dei diritti individuali pare togliere valore all’impegno che due persone si assumono come coppia: il problema vero è che la famiglia subisce una lenta ma costante frammentazione che causa grandissimi costi sociali ed economici. Qui da noi le istituzioni locali – ha aggiunto Cavazzuti – hanno operato bene a sostegno della famiglia ma per il futuro occorre dare cittadinanza alla famiglia, sostenerla nel suo compito peculiare e in un progetto di vita di coppia, non solo nei fabbisogni».
Walter Telleri (Verdi) ha giudicato «inopportuno» il tempo eccessivo dedicato al dibattito («occupiamoci piuttosto delle questioni che ci competono direttamente»), mentre secondo il capogruppo di Rifondazione Aldo Imperiale «per difendere davvero la famiglia bisognerebbe scendere in piazza contro il precariato e in difesa del diritto alla casa e dei diritti di madri e padri lavoratori». Per Imperiale, che ha criticato l’ordine del giorno dell’Ulivo («è fuori luogo: oggi non si parla di sostegno alle famiglie ma si deve difenderne la laicità») il Family day «è una manifestazione contro il diritto a vedere riconosciuta la convivenza; la famiglia muta con la società e l’emancipazione femminile ha provocato un cambiamento irreversibile: non va quindi difesa un’idea di famiglia ma i diritti delle persone».
«Come non essere d’accordo con la giornata per la famiglia? Non però per difenderla in modo strumentale e ideologico ma per garantire a tutti la possibilità di costruirsela» è stata l’osservazione di Caterina Liotti (Ds-l’Ulivo) che ha proseguito: «Di quale famiglia parlano i politici del Family day? Di quella reale o, come penso, di quella del Mulino bianco? Solo il 44 per cento delle famiglie italiane ha più di tre componenti. La famiglia considerata come naturale è solo una delle famiglie possibili: i Dico portano a compimento la rivoluzione culturale avviata con il divorzio e portano coesione nella società. Riconoscendo le famiglie di fatto induciamo un’assunzione di responsabilità».