Il battesimo del parmigiano da “bianca” modenese /1 – Tagliata la prima forma: “un prodotto di qualità”

Un battesimo che festeggia una rinascita, quella del Parmigiano-Reggiano di vacca bianca modenese. Erano le ore 12,18 di mercoledì quando Emanuele Rossi, il giovane casaro di Rosola di Zocca, con il coltello a uncino ha tagliato l’ultimo strato di crosta e spaccato esattamente a metà la prima forma di Parmigiano Reggiano realizzato con solo latte di Bianca modenese.

Esattamente due anni fa la forma nasceva nella caldaia del caseificio di Rosola lavorando circa 500 chili di latte consegnato da alcuni allevatori “custodi” di Bianca modenese che hanno aderito al progetto per il recupero e il rilancio della razza e dei suoi prodotti, in particolare il Parmigiano-Reggiano così come lo facevano i nostri nonni.

Un prodotto di qualità, legato al territorio che, in nome della biodiversità animale, recupera una razza bovina che altrimenti rischia l’estinzione e può invece portare valore alle aziende agricole. «Vista la difficoltà del settore lattiero caseario – sottolinea Graziano Poggioli, assessore provinciale all’Agricoltura e alimentazione, principale promotore del progetto – è necessario sviluppare politiche di diversificazione e specializzazione del prodotto per qualificare la gamma dell’offerta di mercato; il Parmigiano-Reggiano con il latte di bianca modenese rientra in questa ottica e persegue l’obiettivo di remunerare più equamente quegli allevatori “custodi” che in  questi anni, con passione e coraggio, hanno mantenuto nelle loro stalle capi di vacca bianca a salvaguardia delle migliori tradizioni locali».

Il taglio della prima forma di Parmigiano-Reggiano di Bianca che è avvenuto all’agriturismo Tizzano di Monteombraro, dove si trova anche un piccolo allevamento di vacche bianche. La forma arrivata da Rosola è passata prima per le mani di Enzo Gavioli, 97 anni, decano degli espertizzatori, che ha proceduto all’ascolto battendola a colpi di martelletto e l’ha giudicata idonea per essere aperta e mangiata. Da quel momento in poi è toccato a  Emanuele Rossi, il casaro di Rosola che due anni fa l’aveva vista nascere nella sua caldaia, il quale con coltelli e coltellini in qualche minuto ha provveduto a spaccarla in due come si fa con una mela. Poi a ridurla a spicchi ci ha pensato Celeste Fontana, altro casaro, oggi in pensione, ma molto conosciuto in tutta la montagna modenese per la sua “arte” casearia. E per la felicità dei partecipanti è potuta cominciare la degustazione tanto attesa con marmellate, prodotti del sottobosco e lambrusco Grasparossa. Il buffet che è seguito era a base di altri prodotti di bianca modenese: ricotta, rosbif, tartara e carpaccio. Tutto seguito dall’occhio esperto e dai consigli dello chef modenese Massimo Bottura.

Ad assistere e ad applaudire l’evento tante personalità: Emilio Sabattini, presidente della Provincia; Alberto Mantovani, presidente della Camera di Commercio; il sindaco di Zocca Carlo Leonelli; Piero Sardo, presidente nazionale della Fondazione Slow Food per la biodiversità; Eros Valenti, vicepresidente del Consorzio Parmigiano Reggiano; Francesco Grossi, presidente del Consorzio valorizzazione della Bianca; gli allevatori e i rappresentanti delle associazioni agricole.

Pubblicato: 05 Aprile 2007Ultima modifica: 27 Maggio 2020