“Accordo con il divieto senza se e senza ma di indossare il burka, il niqab e tutti gli indumenti che portino a un occultamento della persona, non in linea con la nostra tradizione culturale e rispettando le leggi in vigore” è espresso dall’ordine del giorno intitolato al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali approvato, dopo l’accoglimento degli emendamenti proposti dal consigliere Udc Fabio Vicenzi, dal Consiglio provinciale con il voto favorevole di Pd, Idv e Udc e quello contrario di Pdl e Lega nord. Il documento, presentato da Monica Brunetti (Pd), invita la Provincia a promuovere il dialogo per sostenere il processo di integrazione dei cittadini stranieri anche attraverso l’istituzione di un tavolo di discussione con i rappresentanti delle loro comunità; mappare le forme associative nate all’interno delle comunità straniere, avviare e sostenere percorsi specifici per le donne straniere che da sempre incontrano difficoltà maggiori sulla strada per l’integrazione.
Nella presentazione, Monica Brunetti ha sottolineato che «all’abolizione del bruka non si può arrivare solo con leggi repressive, che portano all’emarginazione totale delle donne straniere. Il divieto assoluto di indossare indumenti che appartengono a un’altra cultura può condurre a serie ripercussioni sulla libertà delle persone. Per questo è necessario arrivare all’abolizione attraverso un percorso comune con i cittadini stranieri». Dello stesso parere anche Elena Gazzotti (Pd) che ha ribadito l’importanza di «percorsi che promuovono la libertà di scelta delle donne e si oppongono al rischio di emarginazione». Rimarcando nuovamente che «l’attenzione si deve concentrare in particolare sull’integrazione delle donne che vivono nelle condizioni più difficili», Fabio Vicenzi (Udc) ha affermato che «è un dovere nei confronti dei nostri figli impostare percorsi di integrazione con gli stranieri che ormai fanno parte della nostra realtà». Secondo Dante Mazzi (Pdl) l’integrazione «è un’aspirazione solo nostra che non interessa alla maggior parte degli immigrati. È giusto che le donne si affranchino da forme di violenza come questa ma le comunità straniere non accettano il dialogo. Ecco perché le leggi sono necessarie». La pensa diversamente Cecile Kyenge (Pd) per la quale «il dialogo con le associazioni di stranieri dipende anche dal tipo di approccio: bisogna cercare il contatto con le persone giuste per veicolare il messaggio». Anche per Sergio Pederzini (Idv) sono importanti «percorsi che permettono alle donne di uscire dallo stato di repressione in cui vivono senza però mettere a repentaglio la loro sicurezza». Un ordine del giorno «vuoto e privo di senso» per Stefano Corti (Lega nord). È strano, ha sostenuto il consigliere appoggiato anche dal collega di partito Livio Degliesposti, «che non si possa dire apertamente che le nostre regole sono queste e che valgono per tutti indistintamente e quindi chi viene a vivere qui deve informarsi prima e conoscerle».