«Questa giornata, che dedichiamo al ricordo delle vittime del terrorismo, all’ascolto della loro voce, è un modo per fare un passo verso il superamento di quelle mezze verità o delle verità a rate che ancora oggi non ci permettono di fare luce su ciò che è accaduto in quella drammatica stagione». L’ha detto il presidente del Consiglio provinciale, Luca Gozzoli, aprendo i lavori della seduta straordinaria che si è svolta nella “Sala delle dame” dell’Istituto Venturi a Modena in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi.
Nel ricordare le parole del presidente della Repubblica Napolitano, che nella cerimonia di commemorazione ieri al Quirinale ha affermato la necessità di «scongiurare ogni rischio di rimozione di una esperienza così sconvolgente vissuta dal Paese», Gozzoli ha spiegato «la scelta di celebrare questa seduta del Consiglio in un istituto scolastico, quale segno della volontà di coinvolgere le giovani generazioni in un progetto di costruzione di una memoria storica condivisa di quella dolorosa stagione e del suo significato attuale».
Tutto incentrato sulla figura di Aldo Moro – del quale ricorre quest’anno il trentesimo anniversario dell’uccisione – l’intervento del professor Alberto Melloni, docente di Storia contemporanea all’Università di Modena e Reggio Emilia. «Il suo omicidio – ha spiegato – temporalmente si colloca esattamente a metà tra la nascita della Costituzione e i giorni nostri. Una cesura profonda che ha segnato la fine della prima Repubblica. Moro – ha aggiunto – era interprete della volontà che traspare dal patto costituzionale, cioè il continuo avanzamento dell’equilibrio democratico attraverso il coinvolgimento dei partiti di massa». Melloni ha spiegato quindi «la necessità di liberare Moro dalla prigione del suo caso. Di lui, oggi, si tende a ricordare solo il dramma dei 55 giorni del sequestro e dell’uccisione, e non il suo lavoro di modernizzazione del Paese».
Nelle sue conclusioni, il presidente della Provincia di Modena Emilio Sabattini ha sottolineato «la necessità di ristabilire giustizia nei confronti delle vittime di quella stagione, tenendo vive le idee per le quali sono morti». E ha pubblicamente ringraziato la vedova del professor Marco Biagi, Marina Orlandi – presente in sala – per il «prezioso lavoro teso a portare avanti le idee e i progetti del marito attraverso la Fondazione Marco Biagi che ha sede proprio a Modena. Con lo stesso spirito di servizio con il quale suo marito ha lavorato fino all’ultimo».
Infine, un «invito agli ex terroristi, quello al pubblico silenzio in segno di rispetto alle vittime e ai loro familiari, che in tutti questi anni hanno dovuto subire, oltre al dolore, anche l’umiliazione di vedere gli assassini dei loro cari assurgere a “maestri”, quando non addirittura a vittime».