Giorno del ricordo \2 – “profughi nel silenzio” una mostra racconta gli esuli nel modenese

La provincia modenese è stata una delle mete più significative per l’arrivo dei profughi giuliani nel territorio emiliano fin dal 1947 a causa della presenza in città della Manifattura tabacchi, dove potevano trovare lavoro coloro che già erano impiegati nelle manifatture istriane (a Rovigno, Pola, Fiume e Zara), imprese statali come quella modenese. E numerose furono le famiglie di profughi giuliani che dal 1954 al 1970 vissero nel Villaggio San Marco, creato a Carpi nell’ex campo di concentramento di Fossoli.

Provenienti da cittadine e paesi ceduti alla Jugoslavia, come per esempio Portorose e Buie, queste famiglie non solo vivono nelle baracche adattate, ma danno vita alle strutture necessarie per la comunità: negozi di generi alimentari, un bar, l’asilo parrocchiale, la scuola elementare e la piccola chiesetta San Marco Evangelista dove don Placido Norbedo – anch’egli profugo istriano – celebra la messa.

Con il tempo il Villaggio si trasforma in un paese autosufficiente, quasi una sorta di piccolo mondo separato, sia da Fossoli che da Carpi. Se al suo interno le condizioni di vita materiali sono dignitose, la presenza dei giuliani nella realtà carpigiana è segnata dalla diffidenza della popolazione locale, come avviene a Modena e in altre realtà: «Nel “rossissimo” territorio emiliano sembra non esserci spazio per profughi che, ingiustamente, sono spesso etichettati come fascisti» commentano i curatori della mostra “Profughi nel silenzio. Gli esuli giuliano-dalmati a Modena e Carpi” che si inaugura sabato 9 febbraio e rimane aperta nelle due sedi fino al 31 marzo (ingresso gratuito e visite didattiche, a Modena informazioni: tel. 059 219442; a Carpi: tel. 059 688272) documentando le diverse fasi dell’accoglienza e dell’integrazione anche ricostruendo alcune storie familiari.

«In questo modo – spiega Giuliano Albarani, presidente dell’Istituto storico – approfondiamo nella realtà di Modena un avvenimento apparentemente lontano nel tempo, nello spazio e nella memoria collettiva come quello del lungo esodo dal confine orientale italiano. L’obiettivo è legare uno spaccato poco conosciuto di storia locale, come quello della presenza dei profughi nel nostro territorio, al contesto del tema generale e drammatico degli spostamenti di popolazioni in Europa in seguito al secondo conflitto mondiale. E sono vicende che parlano all’oggi – conclude Albarani – perché rappresentano il frutto di atteggiamenti di discriminazione verso il diverso».

Pubblicato: 04 Febbraio 2008Ultima modifica: 17 Aprile 2020