Montanaro di nascita, Gino Covili non si è mai separato né come uomo né come artista dai paesaggi e dalle genti d’Appennino. Modenese di nascita ma montanaro d’adozione per le estati passate a Pazzano, Guido Cavani ha amato così tanto quella terra che ha voluto farsi seppellire a Serramazzoni.
Gino Covili è nato nel 1918 a Pavullo dove è morto nel 2005. Il rapporto tra l’artista e il Frignano è stato intenso: Covili ha elevato la sua terra alla dimensione del mito e dalla sua terra ha ricavato motivi di ispirazione e arricchimento interiore. La sua prima esposizione è stata a Bologna, nel 1964, ma la rivelazione è avvenuta a Milano nel 1968, in una mostra ordinata da Mario De Micheli: a cinquant’anni Covili è diventato Covili, l’artista delle grandi opere fatte di realtà, passione e sogno. Da allora ha lavorato ininterrottamente per rappresentare il suo mondo. Covili è stato pittore di cicli: tra il ’73 e il ’77 dipinge “Gli esclusi”, 139 opere nate dalle visite all’ospedale psichiatrico di Gaiato; di vent’anni dopo è la serie dedicata a “Francesco”, il santo ribelle, e dello stesso periodo è il ciclo de “L’ultimo eroe”; tra il ’96 e il ’98 realizza le 58 opere del “Paese ritrovato”, recuperando la memoria della Pavullo di sessant’anni prima. Si susseguono le mostre, l’ultima è di quest’anno a Caserta, con il ciclo completo degli “Esclusi”.
Guido Cavani nasce nel 1897 a Modena dove muore nel 1967. Dopo la prima guerra mondiale viene assunto al Comune di Modena dove resterà con varie mansioni fino alla pensione. L’esordio letterario, come poeta, è del 1923 con le “Liriche campagnole”. Nel 1933 esce il dramma “La terra” e da quel momento le sue opere si susseguono con passo abbastanza regolare. Nel 1950, con “Solitudini” comincia la collaborazione con la casa editrice Ferraguti, cui resterà fedele per vari anni e con la quale pubblicherà anche nel 1958 lo “Zebio Còtal” sua prima opera in prosa. Il romanzo si impone però all’attenzione della critica nel 1961, con l’edizione di Feltrinelli presentata da Pier Paolo Pasolini. Nel 1963 esce un secondo romanzo, “Il fiume” e nel 1967 i “Racconti in penombra”. Come ha scritto Geno Pampaloni, Guido Cavani appartiene a quella famiglia di scrittori che esprimono la continuità di una tradizione fondata sul rispetto della poesia della vita.