Lanciare il più lontano possibile il ruzzolone, utilizzando una cordella con rocchetto, lungo una pista che può essere una strada o un prato. Non è però un gioco solo di forza:per valorizzare l’abilità dei lanciatori, lungo le piste vengono fissati alcuni pali (i cosiddetti “biffi” e “rovesci”) creando altrettanti passaggi obbligati. Il giocatore avvolge la cordicella intorno al bordo esterno del ruzzolone (un disco di legno del diametro di 25-27 centimetri e uno spessore di circa sei, per un peso non inferiore ai due chili), prende la rincorsa, toglie le dita dal rocchetto, il crock, lasciando srotolare la ruzzolone che parte velocemente per un lancio di 60-70 metri, ma che può raggiungere anche il centinaio. Pochi gesti, misurati e sapienti, scanditi secondo un rituale antico di secoli.
Tutti i segreti e la storia del ruzzolone sono raccontati con passione e competenza da Walter Bellisi e Romano Zanaglia nel volume “Ruzlún, storia, tradizione, cultura gioco,sport”, pubblicato in questi giorni da Artestampa di Modena (in libreria al prezzo di 18 euro).
Attraverso un ampio corredo fotografico, il libro ripercorre la storia di questo gioco le cui origini risalgono addirittura, secondo diversi studiosi, ai tempi degli Etruschi (III secolo A.C.), quando i pastori si divertivano a lanciare le forme di formaggio lungo i pendii tra la Garfagnana e il Frignano.
La prima testimonianza del gioco del ruzzolone è documentata nel XV secolo in Toscana. Nel 1702 gli Estensi proibirono il gioco del ruzzolone “ai fini di non danneggiare le erbe dei siti medesimi” come si legge nell’intimazione del Duca di Modena, mentre nel 1761 il Governatore Luigi Sforza autorizza in tutto il Frignano il gioco del ruzzolone “con trottole di legno e con formaggio” ma solo nel periodo di Carnevale.
Il ruzzolone resta un passatempo per gli abitanti della montagna fino al secolo scorso quando divenne uno sport vero e proprio. Il primo campionato provinciale modenese si disputò a Zocca nel 1927.