Giorno del Ricordo 2007

Il 9 e il 10 febbraio a Modena e Carpi due iniziative per ricordare le vicende del confine orientale del secondo dopoguerra, in memoria delle vittime delle foibe e degli esuli provenienti dall'Istria e dalla Dalmazia.

IL GIORNO DEL RICORDO
Il Giorno del Ricordo si celebra il 10 febbraio in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale del secondo dopoguerra. La ricorrenza è stata istituita con la legge della Repubblica Italiana n. 92 del 30 marzo 2004. La data del calendario scelta si riferisce al 10 febbraio 1947, giorno in cui è stato stipulato il Trattato di Parigi che tra l’altro ha assegnato alla ex-Jugoslavia i territori dell’Istria e della Dalmazia occupati nel corso della guerra dall’armata dei partigiani di Tito. Josip Broz, ovvero il “Maresciallo Tito” è l’uomo che ha poi retto le sorti della repubblica balcanica fino al 1980, anno della sua morte.

L’istituzione del Giorno del Ricordo ha lo scopo di conservare e rinnovare la memoria dei tragici accadimenti storici che si sono svolti nei territori dell’Istria dall’autunno del 1943 fino al 1947.
Prima della guerra l’Istria apparteneva all’Italia ma dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 la comunità italiana che la popolava restò in balia di tedeschi e iugoslavi. La regione fu occupata per un primo breve periodo nel 1943 dai partigiani titini, venne in seguito annessa dai tedeschi al Terzo Reich fino all’aprile del 1945 quando fu poi di nuovo rioccupata dai partigiani comunisti di Tito.
I rapporti tra le comunità italiane e slave in Istria erano molto tesi, soprattutto per tutto quello che era accaduto prima e durante la guerra. Nell’attuazione del programma di annessione di queste zone da parte della Jugoslavia la presenza italiana risultava molto scomoda. I partigiani di Tito procedettero ad instaurare un clima di terrore e ad eliminare velocemente la parte della popolazione italiana che maggiormente poteva opporsi. Vittime di rastrellamenti, deportazioni, rappresaglie, processi sommari e uccisioni furono italiani di ogni estrazione: civili, militari, carabinieri, finanzieri, agenti di polizia e di custodia carceraria, fascisti e antifascisti, membri del Comitato di liberazione nazionale.

In seguito all’occupazione e alla conseguente assegnazione alla nuova Federazione Jugoslava dell’Istria, Quarnaro e Dalmazia, gli italiani residenti in tali regioni dovettero fare i conti con l’angoscia di restare in territorio straniero, a maggior ragione col clima di terrore instaurato. Lo stesso Stato italiano non era in grado di fornire protezione e per questo una grande fetta di popolazione italiana fu costretta ad abbandonare i luoghi di residenza e le relative proprietà e ad emigrare altrove. Tale fenomeno di diaspora è stato definito nella storiografia come l’esodo istriano o esodo giuliano-dalmata. Gli storici stimano questi esuli tra le 150.000 e le 350.000 unità.

IL GIORNO DEL RICORDO 2007 A MODENA
La legge che ha istituito il Giorno del Ricordo prevede che vengano organizzate iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi in oggetto presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado, che vengano promossi studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende.
A tale riguardo la Provincia di Modena, i Comuni di Modena e Carpi, l’Istituto storico e la Fondazione ex campo Fossoli promuovono due iniziative che si svolgono a Modena, venerdì 9, e a Carpi, sabato 10 febbraio.

“La Foibe e l’esodo istriano-dalmata: storia, memoria, oblio” è il titolo dell’incontro in programma nella sala conferenze dell’Istituto storico di Modena (viale Ciro Menotti 137) venerdì 9 febbraio, alle ore 15, con interventi di Lorenzo Bertucelli, docente di Storia dell’Europa all’Università di Modena e Reggio Emilia, e di Maria Luisa Molinari, ricercatrice all’Università di Parma. E sempre Lorenzo Bertucelli, insieme a Mira Orlic, ricercatrice dell’Istituto storico di Modena, conduce “Ricordando l’esodo. La vicenda del confine orientale tra storia e memoria”, che si svolge a Carpi, nella sala consiliare del Municipio, sabato 10 febbraio, alle ore 18,30.

La provincia modenese è stata una delle mete più significative per l’arrivo dei profughi giuliani nel territorio emiliano per la presenza in città della Manifattura tabacchi, dove potevano trovare lavoro coloro che già erano impiegati nelle manifatture istriane, di Rovigno e Pola, imprese statali come quella modenese. E numerose furono le famiglie di profughi giuliani che dal 1954 al 1970 vissero nel Villaggio San Marco, creato a Carpi nell’ex campo di concentramento di Fossoli.

Per approfondire la conoscenza di questa parte poco nota di storia locale, l’Istituto storico promuove la mostra fotografico-documentaria “Ricordando l’esodo giuliano-dalmata. Modena e Carpi 1945-1970”, l’allestimento è in programma per il prossimo anno e l’Istituto storico modenese lancia un appello per raccogliere dagli stessi protagonisti materiale inedito utile per una più completa ricostruzione delle vicende (per informazioni: tel. 059 242377).
Uno degli obiettivi della mostra è anche quello di ricostruire la storia familiare dei nuclei approdati nel territorio modenese raccontandone alcuni casi emblematici.

LE FOIBE
Già nel 1943, subito dopo l’armistizio, l’Istria precipitò nel caos in seguito all’abbandono dei soldati italiani. Prima dell’intervento dei tedeschi i partigiani slavi gettarono nelle foibe centinaia di cittadini italiani considerati “nemici del popolo”.
Ma fu nel 1945 che la carneficina delle foibe raggiunse l’apice dell’orrore, durante i quaranta giorni dell’occupazione jugoslava dall’ingresso di Tito, ovvero dal 1 maggio fino all’arrivo delle truppe anglo-americane a metà giugno.

Il termine “foiba” è una derivazione dialettale della parola latina “fovea”, che significa “fossa”; le foibe sono voragini rocciose, a forma di imbuto rovesciato, diffuse nell’altopiano del Carso soprattutto nella provincia di Trieste, nelle zone della Slovenia nonché in molte zone dell’Istria e della Dalmazia. Le foibe sono di origine naturale, create dall’erosione dei corsi d’acqua, possono raggiungere i 200 metri di profondità, tipicamente con un ingresso a strapiombo. Solo in Istria se ne contano più di 1700.

Le foibe sono sempre state usate per occultare cadaveri in diversi periodi storici. Ma negli accadimenti di cui si narra e di cui si vuole mantenere il ricordo si parla dell’uccisione probabilmente di diverse migliaia di persone, molte delle quali gettate ancora vive nelle foibe stesse.
La foiba più conosciuta è quella di Basovizza, ora monumento nazionale. In questo caso si tratta di un vecchio pozzo minerario abbandonato che divenne nel maggio del 1945 un luogo di esecuzioni sommarie da parte dei partigiani di Tito. Prigionieri, militari, poliziotti e civili, dapprima venivano destinati ai campi d’internamento allestiti in Slovenia e successivamente processati e giustiziati proprio a Basovizza.
E’ solo dopo il 26 ottobre 1954, con il ritorno di Trieste all’Italia, che tale incubo svanisce definitivamente.

Vi sono molte incertezze riguardo al numero delle vittime del massacro.
Il governo della ex-Jugoslavia non ha mai accettato di partecipare a inchieste per determinare il numero di decessi. D’altra parte per decenni il disinteresse è stato anche italiano, a causa delle controversie politiche che la questione poteva originare, sia a livello interno tra i diversi partiti politici italiani, sia a livello esterno nel rapporto tra i due stati, col pericolo degli eccessi nazionalistici.
Diverse fonti forniscono diverse ricostruzioni storiche. Secondi alcuni si parla di diverse centinaia di morti, per altri si tratta di parecchie migliaia, da 2000 a 10000 fino anche a 17000 considerando anche i morti fucilati nei campi di concentramento sloveni che probabilmente furono poi anche essi occultati nelle foibe.

I motivi dell’accaduto possono essere stati molteplici, si cita ad esempio la reazione, la vendetta per quanto fatto dagli Italiani, e in particolare dai fascisti a danno delle popolazioni slave della Venezia Giulia prima e durante la guerra, direttamente o indirettamente. Non si può dimenticare a tale proposito la Risiera di San Sabba a Trieste, un antico impianto industriale per la lavorazione del riso da cui passarono migliaia di ebrei e di partigiani di Tito, rastrellati dai tedeschi nella regione ed avviati ai campi di sterminio in Germania o eliminati direttamente fra quelle mura (anche la Risiera, come la foiba di Basovizza è oggi classificata “monumento nazionale”).
Altri motivi che possono aver scatenato la furia dei Partigiani di Tito possono essere stati la “pulizia etnica” in funzione dell’annessione dei territori conquistati, probabilmente anche motivi politici legati al consolidamento e all’espansione del movimento comunista.

Ma aldilà del numero delle vittime e delle cause e pur collocando questo episodio nel contesto più ampio della guerra dove molte sono state le atrocità da una parte ma anche dall’altra, quella delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata è una tragedia di cui risulta importante conoscere le dinamiche per evitare che in futuro ci si possa ritrovare di nuovo protagonisti, vittime o carnefici, di una storia di persecuzione di tali proporzioni.

Pubblicato: 07 Febbraio 2007Ultima modifica: 17 Aprile 2020