Josef Albers

Retrospettiva dedicata a Josef Albers, dagli anni del Bauhaus di Weimar, di Dessau e di Berlino a quelli del Black Mountain College, della Yale University nei due spazi espositivi della Galleria Civica: Palazzo Santa Margherita e Palazzina dei Giardini

La retrospettiva dedicata a Josef Albers, curata dal Direttore della Galleria Civica di Modena Marco Pierini, dal’8 ottobre 2011 fino all’8 gennaio 2012 nei due spazi espositivi della Galleria Civica: Palazzo Santa Margherita e Palazzina dei Giardini.

La mostra, la più ampia mai organizzata in Italia, intende ricostruire il percorso dell’artista in tutte le sue fasi salienti, dagli anni del Bauhaus di Weimar, di Dessau e di Berlino a quelli del Black Mountain College, della Yale University, a quelli, infine, nei quali – lasciato l’insegnamento – si dedicò esclusivamente alla pittura.

La retrospettiva, coprodotta dalla Galleria Civica di Modena con la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena , è stata organizzata con la collaborazione della Josef & Anni Albers Foundation di Bethany (Connecticut) che ha prestato, con una sola eccezione, le 179 opere esposte. La Terra Foundation for American Art di Chicago ha supportato il progetto attraverso un contributo di 50.000 dollari.

Del periodo del Bauhaus, la straordinaria scuola fondata da Walter Gropius di cui Albers è stato prima allievo e poi ininterrottamente docente fino alla chiusura, sono esposte 12 opere in vetro realizzate dal 1921 al 1932, 29 fotografie e photocollage, una piccola selezione di xilografie e di gouache e alcuni mobili.

Alla chiusura del Bauhaus, sopraggiunta nel 1933 a seguito delle pressioni naziste, Josef Albers accetta una cattedra al Black Mountain College (North Carolina), scuola altamente innovativa e sperimentale fondata proprio in quell’anno, nella quale insegneranno anche John Cage, Merce Cunningham e lo stesso Walter Gropius (mentre tra i suoi allievi vanno almeno menzionati Robert Rauschenberg, Kenneth Noland e, negli anni di Yale, Eva Hesse).

L’approdo alla pittura a olio – sempre a spatola, cavando il colore direttamente dal tubetto – avviene proprio durante il primo periodo americano, ed è rappresentato in mostra da una decina di dipinti della seconda metà degli anni Trenta e degli anni Quaranta.

Pubblicato: 17 Ottobre 2011